La memoria di ogni uomo è la sua letteratura privata. Parola di Aldous Huxley, uno che di tempo e percezione ne sapeva qualcosa. Ma Zio Zucky Zuckenberg non la pensa in questo modo. La memoria di ogni uomo è la sua proprietà privata. Sua. Appartenente all’Amministratore Delegato di Facebook. Libero di disporne a proprio piacimento.
Così, ad augurarci il buongiorno su Facebook, ogni mattina troviamo una foto pescata dal nostro passato. Una foto che spesso ci mette di buonumore, perché ci ricorda un momento di pura felicità. Ma che a volte ci lascia di sasso, soprattutto quando porta a galla qualcosa che avremmo lasciato volentieri nell’oblio. Ma si può vivere così? A cosa serve questa roulette russa delle emozioni?
Non abbiamo il diritto di ribellarci. Abbiamo detto sayonara alla nostra privacy quando ci siamo iscritti su Facebook, quando abbiamo spuntato la liberatoria preliminare, quando abbiamo cominciato a raccontare in pubblico ogni frangente della nostra vita. E non abbiamo il diritto di inveire contro le mosse di Zio Zucky. Non è colpa sua se il tempo vola e fra un post l’altro, sono passati più di 10 anni dal nostro esordio sui social. 10 anni. Uno spazio sconfinato dove abita una porzione abbondante della nostra vita. Forse Zio Zucky ci mette sotto gli occhi le foto di qualche anno fa per spronarci a mollare il divano, adesso che, superati i 30, ci ritroviamo a pubblicare i nostri weekend trascorsi a casa davanti alla tv, con tanto di pigiama e coperta.
Ricordi digitali sì o ricordi digitali no? Riparliamone fra altri 10 anni: tante cose saranno accadute, tante cose saranno cambiate. Scommettiamo che Facebook sarà ancora in forma smagliante a memorizzare tutto? Ma proprio tutto, senza fare sconti a nessuno.